Camera di Commercio di Ferrara
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Comunicato Stampa n. 23 - 29 giugno 2022

— archiviato sotto:
ultima modifica 29/06/2022 12:08

Govoni: "La scuola e la ricerca restituiscono sempre, con ampi interessi, ogni investimento compiuto. Avremo bisogno nei prossimi anni di competenze e di professionalità, alcune delle quali ancora neppure interamente definite”. CAMERA DI C0MMERCIO, OSSERVATORIO DELL’ECONOMIA: NEI PRIMI TRE MESI DI QUEST’ANNO INDICATORI CONGIUNTURALI IN RALLENTAMENTO. PESANO GLI EFFETTI DELLA CRISI ENERGETICA, LE CRESCENTI TENSIONI GEOPOLITICHE E LA MANCANZA DI MATERIE PRIME

 

Nel primo trimestre 2022 la produzione manifatturiera al +4,6% e fatturato al +8,9. Nelle costruzioni il volume d’affari cresce del +4,5% e nel commercio le vendite aumentano del +2%. Le esportazioni in valore registrano ancora una crescita a due cifre. Nelle previsioni il valore aggiunto provinciale ridurrà la crescita dal 5,3% al 2,4%. È quanto è emerso nella riunione dell’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio tenutosi ieri mattina (29 giugno) alla presenza delle Istituzioni, dei vertici delle associazioni di categoria e di Guido Caselli, direttore del Centro Studi di Unioncamere Emilia-Romagna.

Gli indicatori del commercio estero, elaborati sulla base delle informazioni diffuse da Istat e riferiti ai primi tre mesi 2022, confermano la ripresa rilevata per tutto lo scorso anno, accelerando rispetto agli ultimi mesi del 2021, con una variazione tendenziale trimestrale del +21,5%. Il dato finale del trimestre, oltre 742 milioni di euro supera il massimo della serie storica del periodo raggiunto nel 2018.

Sono i nostri giovani a pagare in misura maggiore il prezzo della crisi. Allo storico - e sempre più intollerabile - deficit di occupazione femminile, si sovrappone una grave difficoltà all'ingresso delle giovani generazioni nel mercato del lavoro. Non riuscire a valorizzare adeguatamente il nostro capitale umano provoca un grave danno per l’intero territorio ferrarese”. Così Paolo Govoni, commissario straordinario della Camera di commercio, che ha aggiunto: “Il potenziamento delle conoscenze, delle competenze, della formazione rappresenta una priorità fortemente connessa al lavoro. La scuola e la ricerca restituiscono sempre, con ampi interessi, ogni investimento compiuto. Avremo bisogno nei prossimi anni di competenze e di professionalità, alcune delle quali ancora neppure interamente definite: dobbiamo farci trovare pronti, e, nel frattempo, formare i giovani affinché acquisiscano quelle condizioni qualificate di cui vi è sempre bisogno”.

 

Di seguito, i principali dati diffusi dall’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio

 

SCENARIO INTERNAZIONALE

A causa della guerra in Ucraina, peggiorano le previsioni del Fondo monetario internazionale (Fmi) sull'economia mondiale. Nell'aggiornamento del suo World Economic Outlook, diffuso il 19 aprile, il Fondo ha rivisto in forte ribasso le stime di crescita dell’economia mondiale, sottolineando che i danni economici causati dal conflitto contribuiranno a un significativo rallentamento della crescita globale nel 2022 e si aggiungeranno alla crescente inflazione. I prezzi sia di carburante che di cibo sono aumentati rapidamente, colpendo più duramente le popolazioni vulnerabili nei paesi a basso reddito. Si prevede un rallentamento della crescita globale dal 6,1% nel 2021 al 3,6% nel 2022 e nel 2023. Si tratta di 0,8 e 0,2 punti percentuali in meno per il 2022 e il 2023 rispetto alle proiezioni di gennaio, quando l‘incremento atteso per l’anno in corso era del 4,4%.

Gli aumenti dei prezzi delle materie prime indotti dalla guerra e le crescenti pressioni sui prezzi hanno portato a proiezioni di inflazione del 2022 del 5,7% nelle economie avanzate e dell'8,7% nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo. Rispetto alle proiezioni di gennaio, quindi, l’inflazione è aumentata di 1,8 e 2,8 punti percentuali. Questa crisi avviene in un momento in cui l'economia globale non si è ancora pienamente ripresa dalla pandemia. Anche prima della guerra, l'inflazione in molti Paesi era aumentata sia a causa degli squilibri tra domanda e offerta, sia per via delle misure a sostengo della sanità e dell’economia per affrontare l’emergenza Covid-19, portando a una stretta della politica monetaria. In questo contesto, oltre l'immediato e tragico impatto umanitario, la guerra rallenterà ulteriormente la crescita economica e aumenterà l'inflazione. I rischi economici complessivi sono aumentati enormemente. Rimangono essenziali gli sforzi multilaterali per rispondere alla crisi umanitaria, prevenire un'ulteriore frammentazione economica e mantenere la liquidità globale.

Per l’area Euro la crescita nel 2022 era ipotizzata al 2,8%, con una riduzione della previsione di 1,1 punti percentuali.

Per gli Stati Uniti l’impatto della guerra era stimabile in 0,3 punti percentuali in meno di crescita (+3,7% la variazione del PIL prevista quindi per il 2022), la Russia nel 2022 vedrà diminuire il proprio PIL dell’8,5%, l’Ucraina del 35%.

 

Lo scenario internazionale, le economie principali – FMI World Economic Outlook ed. aprile 2022

Lo scenario internazionale, le economie principali

Le assunzioni alla base delle previsioni del Fondo monetario internazionale ipotizzavano che il conflitto rimanesse circoscritto nei confini ucraini, che le sanzioni non riguardassero il comparto energetico e che la pandemia rallentasse la sua corsa.

Il mondo pagherà un duro prezzo per la guerra della Russia contro l'Ucraina". Così inizia il rapporto di previsione economica dell'Ocse di giugno, da un'inevitabile riflessione sulla "crisi umanitaria che ha stroncato migliaia di vite e costringe milioni di rifugiati a lasciare il proprio Paese", con il corollario che sta "mettendo a repentaglio la ripresa dell'economia, che era appena iniziata dopo due anni di pandemia".

Il taglio delle previsioni di crescita risulta quindi inevitabile, primo riflesso del conflitto e della spirale di rincari delle materie prime che ha generato. Per l'Organizzazione parigina "l'economia globale è destinata a registrare un notevole indebolimento. Stimiamo che la crescita globale sarà del 3% nel 2022 - in calo rispetto al 4,5% previsto lo scorso dicembre - e del 2,75% nel 2023". Raddoppia la previsione sui prezzi: "Le proiezioni per il 2022 indicano attualmente un'inflazione pari quasi al 9% nei Paesi dell'Ocse, il doppio rispetto alle precedenti previsioni". Nel documento si scorge il pericolo di una stretta alle spese delle famiglie, come reazione ai rincari: "L'inflazione elevata in tutto il mondo sta erodendo il reddito disponibile reale e il tenore di vita delle famiglie, pesando a sua volta sui consumi. Il clima di incertezza scoraggia gli investimenti delle imprese e probabilmente indebolirà l'offerta per diversi anni. Al contempo, la politica "zero COVID" adottata dalla Cina continua a offuscare le prospettive globali, frenando la crescita del Paese e provocando interruzioni delle catene di approvvigionamento internazionali".

L’Ocse ha rivisto quindi al ribasso le previsioni di crescita economica anche per l’Italia. Dopo il balzo del 6,6% del Pil nel 2021, le stime per il 2022 indicano un +2,5%, mentre per il 2023 si prevede un ulteriore rallentamento a +1,2% nel 2023. “Le persistenti pressioni inflazionistiche legate alla guerra e l'incertezza frenano i consumi delle famiglie, rallentando la ripresa dei servizi. Nuovi incentivi per il settore privato e il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza attenueranno parte dell'impatto negativo delle interruzioni dell'approvvigionamento e dell'incertezza sugli investimenti. Poiché il gas costituisce il 42 % del consumo totale di energia, i principali rischi per le prospettive economiche sono rappresentati dai prezzi e dalle forniture di energia. La crescita potrebbe essere rallentata anche da un netto incremento dei rendimenti obbligazionari", si legge nel capitolo dell’Economic Outlook dedicato all’Italia.

 

Lo scenario internazionale - OECD edizione giugno 2022

Lo scenario internazionale - OECD

Nel documento relativo alle prospettive per l’economia italiana nel 2022-2023, anche l'Istat rivede al ribasso le proprie previsioni di crescita per l'Italia. L'Istituto di statistica prevede che il Pil italiano continui a crescere sia nel 2022 (+2,8%) sia nel 2023 (+1,9%), seppur in rallentamento rispetto al 2021. L’aumento sarà determinato prevalentemente dal contributo della domanda interna al netto delle scorte (rispettivamente +3,2 e +1,9 punti percentuali) mentre la domanda estera netta fornirebbe un apporto negativo nel 2022 (-0,4 punti percentuali) a cui seguirebbe un contributo nullo nel 2023. Le scorte in entrambi gli anni non avrebbero un peso determinante. Gli investimenti assicureranno un deciso sostegno alla crescita con una intensità più sostenuta nell’anno corrente (+8,8%) rispetto al 2023 (+4,2%). I consumi delle famiglie segneranno un miglioramento più contenuto (+2,3% e +1,6%).

L’evoluzione dell’occupazione sarà in linea con il miglioramento dell’attività economica con un aumento più accentuato nel 2022 (+2,5%) rispetto al 2023 (+1,6%). Il progressivo incremento dell’occupazione è atteso riflettersi anche sul tasso di disoccupazione che scenderebbe sensibilmente quest’anno (8,4%) e, in misura più contenuta, nel 2023 (8,2%).

Le prospettive per i prossimi mesi sono caratterizzate da elevati rischi al ribasso quali ulteriori incrementi nel sistema dei prezzi, una flessione del commercio internazionale e l’aumento dei tassi di interesse. Anche le aspettative di famiglie e imprese potrebbero subire un significativo peggioramento.

 

SCENARIO REGIONALE E PROVINCIALE

Anche gli scenari delle economie locali realizzati da Prometeia aggiornati ad aprile 2022 si basano su un quadro che ipotizza il conflitto in Ucraina non esteso ad altri paesi, ma prosegua comportando ulteriori tensioni sui prezzi dei beni energetici, delle materie prime, di molti prodotti intermedi, blocchi dei rapporti commerciali, oltre a disfunzioni e interruzioni nelle filiere produttive. Gli effetti inflazionisti del conflitto hanno accentuato le precedenti tensioni sui prezzi che caratterizzavano la forte espansione negli Stati Uniti e che sostengono l’ipotesi di un aumento dei tassi USA di due punti entro la fine del 2022. Ciò comporterà effetti negativi sull’attività economica, i mercati finanziari e il clima di fiducia. La Bce ha invece una posizione meno restrittiva e in Europa si farà fronte alle attuali difficoltà con una politica di bilancio più espansiva.

Per quanto riguarda la provincia di Ferrara, dopo la buona ripresa del 2021 (+6,2%), la crescita del valore aggiunto nel 2022 è stimata al 2,4%, con una perdita di 2,9 punti percentuali nel confronto con le valutazioni di gennaio, mentre a livello regionale nella revisione di Prometeia, il ridimensionamento è stato di 1,7 punti. Secondo le valutazioni di inizio anno, l’incremento di Ferrara sarebbe stato il quarto miglior risultato tra tutte le province italiane. Ma l’aumento dei costi energetici e, più in generale, dell’inflazione stanno avendo un impatto diffuso che coinvolge tutti, imprese e i cittadini. Per alcune aziende a questi effetti negativi se ne aggiungono altri, connessi alla loro attività. Nello specifico, a essere maggiormente penalizzata è l’industria ceramica fortemente dipendente dall’’importazione di materie prime dall’Ucraina, in particolare l’argilla e il caolino.

Danni ingenti anche per la metalmeccanica che deve fronteggiare l’aumento del costo dei metalli e la difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime essenziali per alcune filiere, dall’automotive all’elettronica. Oltre il 30% del grano commercializzato a livello mondiale proviene da Russia e Ucraina, così come altri prodotti cerealicoli, provocando forti ripercussioni anche nell’industria agroalimentare emiliano-romagnola. Nella moda, 1.220 imprese dell’Emilia-Romagna realizzano sul mercato russo quote rilevanti del loro fatturato, così come le oltre 200 aziende ferraresi che ogni anno commercializzano con Russia e Ucraina.

La guerra sta rallentando, ma non fermando la ripresa avviatasi lo scorso anno. Il trend di crescita ferrarese appare per il momento in linea con quanto rilevato in l’Emilia-Romagna e appena superiore alla media italiana (+2,2%), il rallentamento dell’economia frena quindi il recupero che il sistema produttivo ferrarese aveva avviato, così i livelli di attività pre COVID-19 non saranno ancora raggiunti nel 2022. A fine anno il valore aggiunto ferrarese, rispetto al 2019, dovrebbe essere inferiore di 2,5 punti percentuali, mentre quello regionale lo supererà raggiungendo il massimo della serie storica.

 

Scenari e previsioni per Ferrara. Prometeia, Unioncamere Emilia-Romagna ed. aprile 2022

Valore aggiunto totale

 

I settori

Nel 2022 la ripresa dell’attività nell’industria quasi si arresterà, proseguirà un po’ più contenuta rispetto al 2021 nei servizi e continuerà, non più esplosiva, ma sempre sostenuta per le costruzioni, l’unico settore che ha già superato ampiamente lo scorso anno i livelli di attività del 2019 e che continuerà a trarre vantaggio dalle misure adottate a favore della ristrutturazione edilizia e dai piani di investimento pubblico.

In dettaglio, nel 2021 la ripresa a “V” dell’attività ha condotto a una crescita del valore aggiunto reale prodotto dall’industria in senso stretto ferrarese del 11,8%. Nel 2022, le difficoltà nelle catene di produzione internazionali l’aumento delle materie prime e dei costi dell’energia e le conseguenze del conflitto quasi azzereranno la crescita del valore aggiunto reale prodotto dall’industria che dovrebbe registrare appena il +0,2%.

Grazie ai piani di investimento pubblico e alle misure di incentivazione adottate dal governo a sostegno del settore, della sicurezza sismica e della sostenibilità ambientale, il 2021 ha registrato un vero boom del valore aggiunto reale delle costruzioni (+26,5%), che ha trainato la ripresa complessiva. Anche nel 2022 per le stesse ragioni ci sarà un’ulteriore crescita del comparto, seppur con una sensibile riduzione della dinamica (+10,2%).

Dopo avere risentito più a lungo e duramente degli effetti negativi dello shock da coronavirus, il settore dei servizi nel 2021 ha avviato la ripresa (+3,8%), più contenuta rispetto agli altri macro settori. La dinamica dell’inflazione e l’incertezza porranno un freno alla ripresa dei consumi che insieme con lo stop alla crescita industriale conterranno la tendenza positiva dei servizi nel 2022.

 

LA CONGIUNTURA

Nel primo trimestre 2022 iniziano a rilevarsi gli effetti della complessità del momento per la manifattura che affronta da un alto l’impatto negativo dell’invasione russa in Ucraina, dall’altro l’impennata dei prezzi che trascina verso l’alto i listini.

A due anni dal diffondersi dell’epidemia Covid e a due mesi dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina, le prospettive di crescita a livello mondiale sono incerte con l’interruzione della ripresa e del processo di aggiustamento dell’economia globale che aveva caratterizzato il 2021. L’impennata dell’inflazione, per effetto dei rincari energetici, rischia di compromettere il potere d’acquisto dei consumatori.

Nonostante questa difficile situazione internazionale nei primi tre mesi del 2022 la manifattura ferrarese riesce a mettere a segno una crescita della produzione industriale del +4,6% sul trimestre precedente (l’incremento era stato del +11,1% alla fine del 2021). I risultati in crescita sono sostenuti anche da due fattori: la positiva eredità del 2021 e un allungamento del portafoglio ordini, a causa della difficoltà di approvvigionamento che impediscono alle imprese di rispettare i programmi di produzione.

In termini economici, i dati dell’indagine congiunturale di questo periodo registrano poi aumenti più rilevanti, ma sempre meno accentuati dello scorso anno, per fatturato e ordinativi.

Il 2022 per l’industria manifattura ferrarese si è aperto registrando ancora l’aumento dei principali indicatori congiunturali, ma il rallentamento colto già dalla fine dello scorso anno, ha accelerato la frenata, più evidente per le imprese minori e il settore artigiano.

L’indagine congiunturale camerale tra le imprese manifatturiere fino a 500 dipendenti, nel primo trimestre dell’anno registra una produzione al +4,6%, crescita inferiore di sei punti e mezzo rispetto al trimestre precedente e al di sotto del risultato della regione Emilia-Romagna (+8,0%). Il risultato finale dell’impresa manifatturiera non si differenza molto tra le due dimensioni aziendali prese in considerazione (da 1 a 9 dipendenti e quella con 10 e oltre dipendenti), pur rilevando il trend migliore per le imprese con più di 10 dipendenti e un andamento meno brillante per le artigiane.

Il grado di utilizzo degli impianti si è incrementato di qualche decimale ed è arrivato al 75%, eguagliando il livello del secondo trimestre del 2021, ma soprattutto è rimasto ad una quota superiore alla media del 2019 (72%).

Gli ordinativi continuano a crescere ad un ritmo più accelerato rispetto alla produzione. Il rallentamento al confronto con i mesi precedenti è meno evidente (+7,9%) anche se lo scorso anno si sono registrate variazioni a due cifre per ben tre trimestri; la differenza con la produzione risulta meno accentuata per imprese artigiane e per quelle di minori dimensioni.

Trend simile si registra per il fatturato, che cresce del +8,9% (inferiore solo di tre punti percentuali rispetto all’aumento dell’ultimo trimetre 2021), mentre per quello estero si rilevano le variazioni più elevate tra gli indicatori presi in considerazione, attestandosi al +14,6% e superando di 5 punti il dato dell’Emilia-Romagna. In questo caso la crescita oltre ad essere trainata dalle aziende di maggior dimensione (+14,8%), si rileva consistente anche per le imprese artigiane che esportano, con una variazione molto elevata rispetto al fatturato totale (+3,6%), differenza un po’ meno accentuata per le imprese con meno di 10 dipendenti.

Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini risulta stazionario rispetto al trimestre precedente, senza raggiungere le 10 settimane (in regione sfiora le 12), ma in aumento al confronto con il 2019.

 

Settore manifatturiero – Produzione serie storia dei tassi tendenziali al 1° trim 2022

Settore manifatturiero – Produzione serie storia dei tassi tendenziali al 1° trim 2022

 

CONGIUNTURA Settore manifatturiero (Variazioni rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente)

 

1° trimestre 2022

Media anno 2021

 

Totale

1-9 addetti

>10 addetti

Artigianato

Totale

1-9 addetti

>10 addetti

Artigianato

Produzione

+4,6

+4,9%

+4,5%

+2,0%

+12,4%

+6,9%

+13,6%

+6,6%

Fatturato

+8,9

+5,6%

+9,6%

+3,6%

+12,6%

+6,5%

+14,0%

+6,8%

Ordinativi

+9,4

+4,6%

+8,5%

+2,5%

+11,9%

+6,9%

+13,1%

+7,2%

Fatt. Estero

+9,6

+9,7%

+14,8%

+14,6%

+17,2%

+7,6%

+17,6%

+10,1%

 

I settori industriali

A livello settoriale, la produzione risulta ancora in aumento nella maggior parte dei settori; solo il «Sistema moda», dopo un 2021 caratterizzato da tre trimestri in recupero, torna a registrare un indicatore in calo, mentre il comparto delle «Macchine elettriche ed elettroniche» per il quale già alla fine del 2021 si rilevava una diminuzione della produzione, segna un leggero calo. Tutti gli altri settori registrano crescite, anche se in ridimensionamento. L’«Industria dei Metalli» ha raggiunto sempre il risultato migliore (+7,6%, 15 punti in meno rispetto al trimestre precedente), seguita dall’«Agro-alimentare» (+6,8%) e dal gruppo «Altre Industrie» (+4,8%) che comprende la chimica e le ceramiche.

La quota di imprese che per il primo trimestre ha stimato un aumento di produzione, fatturato ed ordini al confronto con il trimestre precedente (andamento congiunturale) si sta riducendo, mentre aumenta la quota di intervistati per i quali gli indicatori risultano in calo; l’incidenza prevalente rimane per la stazionarietà che appare ancora più frequente nelle previsioni per i prossimi tre mesi. L’orientamento, considerate le condizioni di approvvigionamento delle materie prime e la situazione geo-politica, è infatti ancora più prudente, senza lasciar intravedere segnali di miglioramento, con la quota di chi prevede, o spera, per il secondo trimestre 2022 la conferma dei livelli raggiunti nei primi tre mesi dell’anno che varia di poco tra le variabili analizzate e si assesta sui due terzi del campione.

 

Settore manifatturiero – I COMPARTI PRODUTTIVI
Andamenti tendenziali 1° trim. 2022 (rispetto allo stesso periodo dello scorso anno)

Settore manifatturiero – I COMPARTI PRODUTTIVI

(*) Valori non significativi

Nel primo trimestre 2022 tre settori (agro-alimentare, sistema moda e soprattutto macchine elettriche) segnano saldi negativi a due cifre per la propria produzione, il che significa che la percentuale di imprese che ha stimato un aumento è di gran lunga inferiore alla percentuale di chi l’ha valutata in diminuzione. Negativo è anche il saldo per il gruppo altre industrie, con un valore molto più ridotto che purtroppo rimane inferiore a zero anche per quanto riguarda le previsioni per il secondo trimestre, così come accade per l’elettronica, con la sola grande differenza che il 90% del primo comparto prevede una certa stazionarietà della produzione, mentre per il settore macchine elettriche la conferma del livello è registrata solo per il 4 imprese su 10. Sempre in termini previsivi, la differenza torna positiva per agro-alimentare e sistema moda, così come si rileva per tutti gli altri settori. Da segnalare una previsione di produzione stazionaria per l’industria dei metalli per il 76% delle imprese intervistate.

La chiave di lettura per leggere questi giudizi previsivi non ancora del tutto negativi per il secondo trimestre 2022, sta nel ricordare che le previsioni fanno riferimento ad una scadenza temporale breve e la produzione probabilmente sta ancora beneficiando della coda di ripresa post-Covid. Le imprese di fatto hanno già in casa gli ordini, pur con tutte le differenze da settore a settore. Il problema, semmai, è riuscire ad evaderli, non solo per incassare, ma soprattutto per evitare che si deteriorano ulteriormente le condizioni operative (costi aziendali) rispetto ai contratti già stipulati.

 

Sulla base dei dati del Registro delle imprese, le attive dell’industria in senso stretto regionale, che costituiscono l’effettiva base imprenditoriale del settore, a fine maggio 2022 risultavano 2.310 (pari al 7,6% delle imprese della provincia, quando a livello regionale la quota è maggiore di tre punti percentuali), con una diminuzione corrispondente a 103 imprese (-4,3%) rispetto all’anno precedente. Le imprese attive nell’industria in senso stretto nazionale hanno subito una riduzione inferiore (-1,5%), mentre l’Emilia-Romagna segna un +0,9%. Ad un calo così consistente potrebbe aver contribuito il procedimento di cancellazione d’ufficio avvenuto nel mese di aprile al Registro delle imprese di Ferrara. Il confronto fatto a marzo, rilevava infatti un calo fisiologico di sole 36 imprese.

 

Anche per l’artigianato manifatturiero la ripresa è proseguita a ritmo decelerato. La produzione ha continuato a crescere, seppur più rallentata rispetto all’intero settore: rispetto allo stesso trimestre del 2021 risulta aumentata del +2, segnando per il quinto trimestre consecutivo una variazione positiva. Il fatturato del comparto sembra avere qualche spinta in più (+3,6%), che risulta sempre più accelerata per le imprese che esportano, considerato che il fatturato estero cresce più del doppio (+16,6%).

I giudizi delle imprese sull’andamento della produzione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente permettono di valutare la diffusione della tendenza in corso. La quota delle imprese che hanno rilevato un incremento supera ancora quella relativa a chi intravede una diminuzione, con un saldo che lentamente si riduce. Chi considera la produzione invariata rappresenta la prevalenza e sta crescendo mentre l’incidenza di chi ha visto la produzione aumentare è diminuita di 6 punti percentuali rispetto allo scorso trimestre. Il trend è ancora più evidente se il confronto viene svolto con il trimestre precedente: in questo caso il saldo tra le quote diventa addirittura negativo (-18 punti), con una quota di imprese che hanno visto ridurre la produzione rispetto agli ultimi tre mesi del 2021 che supera un terzo del campione.

Una nota parzialmente positiva per il futuro deriva dagli ordini (+2,5%), sempre in crescita, ma in netto ridimensionamento. A questo lento miglioramento del processo di acquisizione ordini ha contribuito molto incisivamente la componente estera, che per il quarto trimestre rileva variazioni percentuali a due cifre (+14,8%).

Nel primo trimestre 2022 le settimane di produzione assicurata dalla consistenza del portafoglio ordini sono risultate 7,4 (quasi due in più al confronto con lo scorso anno) e le imprese hanno indicato un grado di utilizzo degli impianti al 71,5%, indicatori che per l’intera industria manifatturiera sono un po’ più elevati, quasi dieci settimane e 75,0% la capacità produttiva utilizzata.

 

Le imprese manifatturiere ferraresi e l’approvvigionamento di energia, materie prime e semilavorati

Il problema più sentito è quello che riguarda i costi dell’energia e il settore che in generale sembra aver registrato gli aumenti più consistenti nel primo trimestre dell’anno è la manifattura, dove solo il 5% delle imprese sembra non aver rilevato aumenti, quota che sale al 19% nel commercio.

La quota di imprese dell’industria che ha registrato incrementi superiori al 25% si avvicina alla metà del campione (46%) e si alza con il crescere della dimensione aziendale.

Fra i settori che hanno maggiormente risentito di questa criticità si segnalano il Sistema Moda (anche se un 11% del settore sembra non ne averne rilevati a fronte di altri due terzi che li hanno registrati superiori al 25%) e la Metalmeccanica.

Anche per quanto riguarda le materie prime il 95% del campione relativo alla manifattura ha registrato aumenti nei prezzi e il 70% li ha riscontrati superiori al 10%. Solo 1 impresa su 10 del sistema moda o della metalmeccanica non ha rilevato incrementi nei loro acquisti.

Fra i settori che hanno maggiormente risentito il trend di crescita delle materie prime, l’industria metallurgica rileva aumenti non inferiori al 10% nel 90% dei casi.

Problemi nell’approvvigionamento delle materie prime sono stati rilevati da tutti i settori, per l’alimentare il problema appare meno rilevante. 1 impresa su 5 ha registrato problemi per un valore degli acquisti superiore al 25%.

Alla domanda se nel 1° trimestre del 2022 l’azienda avesse registrato aumenti dei prezzi dei semilavorati necessari per l’attività, circa un terzo del campione manifatturiero ha risposto di non aver riscontrato aumenti o li ha ritenuti di lieve entità (al massimo del 5%), per i restanti due terzi la crescita dei prezzi dei semilavorati è stata più consistente, in particolare per le imprese di media dimensione (da 10 a 50 dipendenti).

L’industria dei metalli, le imprese meccaniche e del legno hanno registrato gli aumenti dei costi dei semilavorati più rilevanti, mentre per il sistema moda si segnalano le difficoltà minori.

I problemi di approvvigionamento di semilavorati non hanno riguardato 4 imprese manifatturiere su 10, mentre il problema è stato più risentito sono state coinvolte le imprese del comparto metalmeccanico.

 

Commercio estero

Gli indicatori del commercio internazionale, elaborati sulla base delle informazioni diffuse da Istat e riferiti al primo trimestre del 2022 continuano a registrare incrementi in valore rilevanti.

Nel primo trimestre 2022 i dati mensili delle esportazioni ferraresi confermano la ripresa rilevata per tutto lo scorso anno, accelerando rispetto agli ultimi mesi del 2021, con una variazione tendenziale trimestrale del +21,5%. Il dato finale del trimestre, oltre 742 milioni di euro supera il massimo della serie storica del periodo raggiunto nel 2018.

Nel primo trimestre 2022, le esportazioni dell’Emilia-Romagna mostrano ancora una crescita sostenuta, con una variazione del 24,0%, qualche punto in più rispetto a quanto registrato a livello nazionale (+22,9%). Il trend tra province si differenzia molto. Se Ferrara rileva nel periodo una delle performance migliori (+21,5%), a Parma le vendite all’estero sono aumentate ad una velocità quasi tripla e a Piacenza sono risultate in lieve calo.

Il contributo all’export regionale da parte della provincia si attesta sul 3,6%, mentre a livello di partecipazione alla variazione positiva regionale del trimestre, l’incidenza si ferma al 3,3%, lasciando i primi posti a Parma, Modena, Bologna e Reggio nell’Emilia.

L’aumento dell’export ferrarese colloca la provincia nel gruppo che ha registrato un trend di poco superiore alla media nazionale.

Il contributo alla variazione nazionale è incisivo, Ferrara sta nel penultimo quartile. La provincia della regione Emilia-Romagna che determina il contributo maggiore è Parma.

 

Esportazioni – Contributo dei settori alla variazione complessiva, 1° trimestre 2022

Esportazioni – Contributo dei settori alla variazione complessiva

L’aumento tendenziale del valore delle esportazioni di Ferrara nel primo trimestre dell’anno, oltre 131 milioni in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (nel primo trimestre 2021 l’incremento era stato poco più della metà), si è diffuso in molti settori, concentrandosi soprattutto nei principali comparti per il commercio internazionale ferrarese. La prima voce per incidenza torna ad essere quella relativa ai di macchinari crescono di oltre il 36%, fornendo il contributo maggiore all’incremento complessivo con una variazione assoluta di oltre 59 milioni di euro, seguita dal comparto dei prodotti chimici aumentato del 22,8% (circa 39 milioni in più). Incrementi determinanti si registrano anche per i prodotti alimentari e il gruppo «articoli in gomma, materie plastiche e lavorazione dei minerali non metalliferi». L’incremento relativo più consistente, escludendo la voce residuale degli altri prodotti manifatturieri che risente del forte aumento relativo dei prodotti «pasta-carta, carta e cartone», si registra per la voce riferita al trattamento dei rifiuti, che rappresenta ora il 3,1% dell’export provinciale. In crescita con variazioni sempre a due cifre apparecchi elettronici e sistema moda. Diminuiscono invece i valori delle esportazioni di prodotti agricoli e automotive.

L’analisi per destinazione delle esportazioni ferraresi evidenzia anche questo trimestre valori in aumento per la maggioranza dei principali mercati osservati, fatta la prevedibile eccezione della Russia e quella meno scontata del Belgio. Le variazioni positive delle vendite verso USA, Francia, Austria e Spagna hanno contribuito maggiormente da sole a più della metà del risultato finale. Oltre all’ancora forte recupero sui mercati europei (+17%) che rappresentano il 68% del totale, da segnalare soprattutto la crescita delle vendite negli Stati Uniti (+47,8%) che contribuiscono al buon risultato del trimestre con un aumento di oltre 30 milioni di euro. Di poco inferiore anche la crescita in termini assoluti dell’export in Francia (con quasi 95milioni di euro, 22 in più rispetto allo stesso periodo del 2021), mentre la Germania, nostro primo partner, si mantiene su livelli di poco superiori a quelli dello scorso anno. Anche la Cina evidenzia un aumento consistente ma il saldo con l’import in questo caso è negativo. Le frenate più rilevanti si rilevano poi per Mozambico, Costa d’Avorio, Marocco e Malaysia che perdono dai 7 ai circa 2 milioni di euro ciascuno, destinazioni che comunque rappresentano un’incidenza molto bassa dell’export complessivo.

 

Import Export per aree geografiche 1° trimestre 2022, valori in migliaia di euro

Import Export per aree geografiche 1° trimestre 2022, valori in migliaia di euro

Si registrano aumenti anche per le importazioni (+43,2%) percentualmente più consistenti rispetto alle esportazioni ma sempre più basse, così da produrre un saldo positivo per oltre 300 milioni di euro. Gli acquisti esteri provengono per l’85% da paesi europei e se la variazione più consistente si rileva per le importazioni dalla Russia (+132%), in termini di incidenza sul totale al 31 marzo 2022 sono passate dal 3,4% dello scorso anno all’1,9%.

Il primo trimestre del 2022 segna un leggero rallentamento dei segnali di recupero nel settore delle costruzioni, rilevati per tutto il 2021.
Il volume d’affari risulta aumentato del 4,5%, mentre il dato regionale è maggiore di qualche decimale (5,2%). L’indicatore riferito all’artigianato rileva anche a Ferrara un incremento meno accentuato ed inferiore al dato dell’Emilia-Romagna. Le previsioni relative al volume d’affari mostrano un saldo tra chi lo stima in aumento e chi ne prevede una diminuzione, maggiore per le imprese di più piccole dimensione che considerano soprattutto stabile l’evoluzione della propria attività nei prossimi dodici mesi (così lo registra circa il 75% del campione delle imprese del settore da 1 a 9 dipendenti e dell’artigianato).
Decisamente più elevata l’incidenza di imprese di più grande dimensione che stimano la propria attività in sviluppo (quasi doppia), mentre risulta molto bassa la quota del campione che ne prevede una diminuzione.
Limitata è anche l’incidenza di chi si ritira dal mercato, fenomeno che per il momento coinvolge solo le imprese più grandi.
Il risultato è frutto di un sistema imprenditoriale che continua a registrare una numerosità di imprese in crescita, al netto delle cancellazioni d’ufficio effettuate nel mese di aprile: aumenta il volume delle iscrizioni rispetto al 2021, mentre rimane pressoché costante il numero di chiusure, producendo così un saldo positivo contenuto (+17 contro il -23 del 1° trimestre dello scorso anno); nonostante questa movimentazione lo stock di imprese attive si riduce a causa della consistente procedura di cancellazioni d’ufficio di attività non operative (321 nel solo mese di aprile). La procedura ha coinvolto soprattutto imprese individuali, mentre le società di capitale sono aumentate.
Risultano in crescita anche le imprese artigiane del settore, con un numero di chiusure in deciso calo (-32) e nuove aperture in aumento (+56). Tra le imprese straniere è il settore che cresce di più e le iscrizioni di imprese straniere rappresentano più della metà delle nuove attività mentre le cancellazioni solo poco più di un quinto delle chiusure complessive.

 

COSTRUZIONI Volume d’affari Variazione tendenziale 1° trimestre 2022

COSTRUZIONI Volume d’affari Variazione tendenziale 1° trimestre 2022

Dopo il potente recupero realizzato tra aprile e giugno 2021, si è andata smarrendo la ripresa delle vendite del commercio al dettaglio. Nel primo trimestre 2022 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, le vendite a prezzi correnti degli esercizi al dettaglio in sede fissa dell’Emilia-Romagna sono aumentate nuovamente (+2,0%), ma con un ritmo più contenuto di quello dei trimestri precedenti che ha permesso solo un ulteriore parziale recupero. Si è ridotta la diffusione della tendenza positiva in atto che ha evidenziato anche delle criticità che sono emerse dai giudizi delle imprese. La quota delle imprese con vendite in aumento rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente si è ridotta di quasi diciassette punti scendendo al 38%, un livello elevato, ma decisamente più contenuto rispetto ai dati riferiti al periodo da aprile a dicembre dello scorso anno. Ma anche il peso delle imprese che hanno avuto vendite inferiori a quelle dello stesso trimestre dello scorso anno è risalito quasi della stessa misura riportandosi alla stessa quota (38%). Il saldo tra le quote delle imprese che hanno rilevato un aumento o una diminuzione tendenziale delle vendite si è azzerato, peggiorando dal valore di fine anno che aveva raggiunto i 27 punti.

Complice anche l’effetto della stagionalità, le aspettative paiono essersi orientate invece in senso positivo. Si è ampliata la quota percentuale delle imprese che si attendono un aumento del fatturato nel corso del prossimo trimestre (al 37% dal 22%), ma soprattutto è scesa la quota delle imprese che temono una riduzione delle vendite, (al 16% dal 29%).

La fase di ripresa in corso non è affatto omogenea. La pandemia e la ripresa inflazionistica hanno decisamente accentuato i processi di cambiamento che da anni caratterizzano il settore del commercio e i comportamenti dei consumatori, con effetti che emergono evidenti dalla disaggregazione dei dati.

Nel trimestre in esame la ripresa delle vendite non ha interessato tutte le tipologie del dettaglio, anzi è stata ancora trainata esclusivamente dal boom dei consumi non alimentari precedentemente dilazionati a seguito della pandemia.

Le vendite dello specializzato alimentare si sono ridotte nuovamente rispetto allo stesso trimestre del 2021 (-1,6 %), certamente appesantite dal risveglio della dinamica inflazionistica anche per questa tipologia di prodotti. Il peggioramento della tendenza è attestato dall’andamento dei giudizi delle imprese sulle vendite correnti rispetto al trimestre precedente il cui saldo è sceso (-37) con un peggioramento da attribuire a una variazione della stessa ampiezza sia della quota delle imprese che hanno subito una riduzione delle vendite (raddoppiate percentualmente al confronto con i tre mesi precedenti), sia del peso delle imprese che ne hanno segnalato un aumento, sceso quest’ultimo al minimo degli ultimi quattro anni. Le attese sono risultate orientate a un miglioramento congiunturale. Il saldo dei giudizi delle imprese sulle vendite attese nel corso del secondo trimestre 2022 con un recupero di 44 punti si è solo alleggerito risalendo a quota -2.

Al contrario, il dettaglio specializzato non alimentare ha beneficiato di un ulteriore incremento delle vendite (+4,4%), più contenuto di quello del trimestre precedente, ma ugualmente connesso a un parziale recupero dei consumi dilazionati. La tendenza positiva è stata confermata anche dall’andamento dei giudizi delle imprese sulle vendite correnti rispetto a un anno prima. Il saldo dei giudizi si è ridotto di 35 punti ma è rimasto ampiamente positivo collocandosi a quota +24. Anche per effetto della stagionalità, il saldo dei giudizi delle imprese sulle vendite attese è migliorato di 20 punti ed è ritornato positivo (+6) sebbene inferiore a quello dello stesso trimestre dello scorso anno.

Iper, super e grandi magazzini non hanno beneficiato della complessiva ripresa dei consumi anche nel primo trimestre 2022 e dopo più di due anni positivi hanno fatto segnare un deciso peggioramento della tendenza negativa avviata alla fine del 2021 con una più ampia flessione tendenziale delle vendite (-1,3%). Comunque, grazie anche alla capacità di gestire le aperture e di effettuare consegne a domicilio durante la pandemia e ai cambiamenti di comportamento dei consumatori le loro vendite correnti sono risultate superiori a quelle dello stesso periodo del 2019. L’aggravarsi della tendenza negativa per questa categoria del dettaglio è testimoniato dall’andamento del saldo dei giudizi delle imprese sulle vendite correnti rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente che è sceso a quota -44 punti. Al contrario, il saldo dei giudizi sulle aspettative di vendita è migliorato leggermente riportandosi in campo positivo forse nell’attesa di cogliere una maggiore attenzione ai prezzi da parte dei consumatori.

La crisi non può non incidere anche sulla numerosità. Nel corso dei primi cinque mesi del 2022, dopo il settore agricolo, è il settore che ha registrato la riduzione più consistente nel numero di imprese attive, anche al netto delle cancellazioni d’ufficio e nonostante una continua contrazione delle chiusure e una lieve crescita delle aperture, con un saldo sempre negativo, ma sempre in lento miglioramento.

La quota di imprese del settore sul totale delle imprese attive si riduce di ancora qualche decimale, rappresentando ora il 20,2% del totale, con 6.088 imprese attive tra il dettaglio e l’ingrosso.

 

Variazione vendite rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente fino al 1° trimestre 2022

Variazione vendite rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente fino al 1° trimestre 2022

 

Le imprese del commercio ferraresi e i problemi di approvvigionamento e dei prezzi

Per quanto riguarda il primo trimestre 2022, il problema più sentito dalle imprese del commercio è quello che riguarda i costi dell’energia: l’11% delle imprese intervistate registra aumenti oltre il 50% rispetto allo scorso anno ed un altro 18% delle imprese segnala che comunque gli aumenti sono superiori al 25%. Solo poco più di un terzo del campione non segnala aumenti sostanziali o li ritiene fisiologici e limitati fino al 2%. La crescita dei prezzi per le materie prime è segnalata dal 65% delle imprese intervistate mentre per i semilavorati la quota si abbassa al 47%. Come prevedibile, contrariamente al settore manifatturiero e costruzioni, il commercio non rileva sostanziali problemi di approvvigionamento di materie prime non energetiche e semilavorati.

 

I dati di fonte regionale relativi al turismo e riferiti al primo trimestre del 2022 appaiono migliori rispetto allo scorso anno con variazioni positive a due e tre cifre per la maggior parte delle destinazioni della provincia, ma al confronto con il periodo pre-pandemico i dati rimangono meno brillanti.

A ritornare o addirittura a superare i livelli del 2019 sono in particolare il numero di pernottamenti di italiani in città e sulla costa, dove crescono anche le presenze di stranieri.

 

Turismo arrivi e presenze periodo gennaio – marzo 2022 (dati provvisori)

Turismo arrivi e presenze periodo gennaio – marzo 2022 (dati provvisori)

Nei primi mesi dell’anno i numeri più consistenti riguardano il turismo cittadino, cresciuto soprattutto a gennaio e febbraio, mentre a marzo ha subito un’ulteriore contrazione. Il dato percentuale del trimestre è stato di -5,2% sul 2019, dove anche in questo caso incide la mancata spinta propulsiva degli stranieri, appena 15.418 le presenze dei non italiani che fanno segnare un -38,6% sul 2019. Se guardiamo ai soli turisti italiani che nel periodo hanno totalizzato oltre 72mila pernottamenti la percentuale sul 2019 segna invece un +7,1%.

In regione al raffronto sempre con i dati di tre anni fa, i pernottamenti crescono solo a Piacenza, Ravenna quasi li eguaglia e a Forlì rimangono al di sotto per un -5,3%. Tutte le altre province registrano contrazioni molto più rilevanti, conducendo ad una diminuzione regionale media del -22,9%.

 

Per quanto riguarda la dinamica dei dati di demografia delle imprese nei primi tre mesi del 2022 si registra una stabilità delle cessazioni rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (sempre sotto le 700 unità) accompagnata ad una progressiva ripresa delle iscrizioni (aumentate del 12,4%), che raggiungono le 561 unità rimanendo comunque inferiori alle chiusure. In seguito, ad aprile 2022, dopo le verifiche previste dalla legge e l'interlocuzione con il Giudice del Registro, sono state disposte più di mille cancellazioni d’ufficio che hanno riguardato 778 imprese individuali e 280 società di capitale; in termini settoriali invece 321 imprese delle costruzioni, 271 attività commerciali e 115 manifatturiere.

Il conteggio finale dei primi 5 mesi 2022 vede le nuove iscritte fermarsi ad 855 mentre le cessazioni schizzano a 1.930 in quanto ne ricomprendono 1.052 d’ufficio ed in totale le imprese registrate al 31 maggio 2022 si attestano a 33.372 unità. La diminuzione è più evidente sulle registrate (-3%) che comprendono attività sospese, inattive, con procedure concorsuali, in scioglimento o liquidazione, ma anche le attive (-2%) hanno risentito della procedura.

Il saldo della movimentazione risulta così fortemente influenzato rispetto agli anni passati (-1.075 unità in generale ma solo -23 se non si considerano le cessate d’ufficio) e fa rilevare al 31 maggio 30.207 imprese attive, ovvero 651 in meno rispetto alla stessa data del 2021, con una riduzione pari al -2,1% rispetto alla consistenza di fine anno. Tenuto conto del carattere amministrativo dei dati del Registro imprese, che ne influenza sensibilmente sia gli stock, che i flussi, condizionati dalle forti oscillazioni stagionali dei movimenti della demografia delle imprese, con tendenze negative nel primo e quarto trimestre e positive nel secondo e terzo trimestre, il dato delle imprese attive è quello che rimane più adeguato ad esprimere il maggiore significato economico, sia dal punto di vista strutturale, sia da quello dell’analisi delle variazioni.

I settori di attività economica che hanno maggiormente concorso a determinare la riduzione delle imprese attive ferraresi nei primi 5 mesi dell’anno, al netto delle cancellazioni d’ufficio sono l’agricoltura, il commercio e la manifattura, mentre hanno fornito un contributo alla tendenza negativa in misura più contenuta le altre attività di servizi alla persona. Segnali positivi giungono dalle costruzioni, e dai settori legati ai servizi come le attività professionali, scientifiche e tecniche, i servizi di informazione e comunicazione, e le attività finanziarie e assicurative. A seguire troviamo altri settori che mostrano tutto sommato una buona tenuta come le attività immobiliari, l’alloggio e ristorazione, la sanità e assistenza sociale e i servizi alle imprese.

La distribuzione delle 7.495 unità locali attive a fine marzo registra invece un aumento più consistente (135 in più rispetto alla stessa data dello scorso anno, pari al +1,8%), con aumenti generalizzati tra le varie tipologie, più intensi per quelle unità che hanno sede fuori provincia.

Dal lato della forma giuridica, si continua a rafforzare il peso delle società di capitale, sempre in virtù degli aumenti delle nuove forme di società a responsabilità limitata (semplificata e a capitale ridotto), mentre perdono terreno le forme giuridiche “personali”, ovvero società di persone e imprese individuali.

 

Tessuto imprenditoriale IMPRESE REGISTRATE
Variazioni assolute 31 maggio 2022 - 31 dicembre 2020, al netto delle cancellazioni d’ufficio

Tessuto imprenditoriale IMPRESE REGISTRATE

 

Al 31 marzo 2022 la presenza relativa di imprese femminili a Ferrara (23,3%) risulta sempre superiore alla media regionale (21,3%), registrando un lieve incremento della consistenza (+0,7%), superiore a quanto rilevato dal complesso delle imprese (+0,2%). La crescita è stata determinata dagli andamenti positivi rilevati in molti settori, ad eccezione dei settori dove la presenza femminile è elevata come commercio e turismo, e si registrano cali anche in agricoltura e nell’industria. Il numero di iscrizioni nei primi tre mesi del 2022 è stato leggermente superiore rispetto all’anno precedente, mentre sono diminuite molto e le cancellazioni, determinando così un saldo sempre negativo, ma ancora in miglioramento (-20) rispetto allo stesso periodo del 2021 (-31), ma soprattutto rispetto agli anni precedenti 2020 (-125) e del 2019 (-102).

Nonostante diffusi cali, le imprese giovanili crescono in settori tradizionali come le costruzioni e le attività finanziarie e in settori innovativi come possono essere i servizi alle imprese. Dal lato della movimentazione, aumentano le iscrizioni che continuano ad essere superiori alle cancellazioni, in lieve crescita, con un saldo sempre positivo, ma in rallentamento (+63 contro il +78 del 2021).
Le imprese straniere aumentano in tutti i settori, ad eccezione che nel comparto alloggio-ristorazione. Le variazioni più consistenti si rilevano nelle costruzioni (+109 unità pari al +11,8%). A fronte di cancellazioni stazionarie, continuano a crescere le aperture, con un saldo positivo (+65 quasi doppio rispetto al risultato del 1° trimestre 2021 (+34).

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, l’analisi svolta dal rapporto regionale sottolinea come l’epidemia di COVID-19 ha condizionato pesantemente l’economia anche nel 2021, con notevoli ricadute sul mercato del lavoro.

L’andamento nel 2021 delle posizioni lavorative dipendenti, derivante dal saldo cumulato tra il numero di attivazioni e cessazioni comunicate ai Centri per l’impiego, al netto del lavoro domestico e del lavoro intermittente, registra un aumento (+824 unità) risultato decisamente superiore al dato sempre positivo del 2020 pari a 302 unità.

Nonostante l’ulteriore adozione di misure restrittive all’inizio del 2021, che hanno negativamente condizionato il settore del commercio e dei servizi ricettivi, nel corso dei dodici mesi si è comunque realizzato, in tale settore, un significativo incremento di posizioni dipendenti, pari a +309 unità: le assunzioni nel settore turistico (comprensive, in questo caso, del lavoro intermittente) nei mesi di maggio, giugno e luglio sono state superiori ai livelli pre-COVID-19, per poi diminuire nei mesi successivi. Meno altalenante risulta, al contrario, il trend delle posizioni dipendenti nell’industria in senso stretto che pure segnano +139 unità ma che rimane ad ogni modo inferiore al numero indice iniziale del 2008. Il lavoro dipendente nelle costruzioni sembra, al contrario, continuare a beneficiare degli incentivi previsti a favore dell’edilizia privata (+384 unità), mentre sono sostanzialmente inalterate, nel corso del 2021, le posizioni dipendenti nelle altre attività dei servizi, settore nel quale si era registrata una variazione positiva delle posizioni dipendenti nel primo trimestre, che si è progressivamente erosa nei trimestri successivi.

L’analisi in base alla diversa tipologia di rapporti di lavoro evidenzia come nel corso del 2021 sono cresciute le posizioni in apprendistato, a tempo determinato e in somministrazione (+1.586 unità), rispetto ad una contrazione del lavoro a tempo indeterminato, pari a -762 unità. Osservando i dati delle posizioni dipendenti in serie storica, emerge come nel mercato del lavoro ferrarese la crescita del lavoro a tempo indeterminato, iniziata nell’estate del 2018, termini a fine 2020, mentre nel 2021 una fase positiva pare associarsi alle tipologie occupazionali a carattere temporaneo. È in questo contesto evolutivo che si colloca, in armonia con la tendenza generale, la crescita del lavoro intermittente: 349 posizioni nel complesso in più nel 2021, risultato dovuto interamente alla variazione positiva, pari a 355 unità, del settore turistico.

Nella tendenza di più lungo periodo le posizioni dipendenti al 2021 sono finalmente tornate al livello del 2008, considerato base iniziale della serie storica. Anche in questo caso però, gli andamenti distinti per macro settore non sono omogenei: nel terziario, sia per quanto riguarda il settore commercio, alberghi e ristoranti, sia per quello relativo altre attività dei servizi, il livello delle posizioni lavorative dipendenti nel 2020 è superiore a quello iniziale del 2008, mentre per l’industria in senso stretto e per le costruzioni, nello stesso intervallo temporale, il livello è significativamente inferiore. Solo l’agricoltura rileva un numero di posizioni lavorative nel 2021 molto vicino al dato del 2008.

 

Le forze di lavoro, aumentate dello 0,5% nel 2021, secondo le previsioni Prometeia potrebbero calare dello 0,8% nel 2022, a causa della crescita della componente relativa alle persone in cerca di occupazione, mentre il numero di occupati che nel 2021 si è incrementato dello 0,2%, potrebbe addirittura diminuire di quasi due punti percentuali nel corso di quest’anno. Il tasso di attività, calcolato sulla popolazione presente 15-64 anni è previsto da Prometeia stabile al 74,5% come nel 2021, mentre il tasso di occupazione faticherà a mantenersi sugli stessi livelli dello scorso anno e il tasso di disoccupazione potrebbe salire dal 7,3% del 2021 all’8,2%.

Andamento occupazionale e tasso di disoccupazione

 

I segnali di una crisi meno accentuata nel mercato del lavoro provengono soprattutto dai dati riferiti al minor ricorso agli ammortizzatori sociali. Nei primi 4 mesi del 2022 sono 330.817 le ore richieste a Ferrara, in netto calo rispetto allo stesso periodo del 2021. La diminuzione è diffusa in tutte le tipologie.

Le contrazioni relative ad ordinaria e alla deroga sono in linea con quanto si registra in Italia e in Emilia-Romagna. Riduzioni percentuali elevate a due cifre: meno di un settimo per l’ordinaria e un ventesimo di quanto rilevato nello stesso periodo del 2021. Nei primi quattro mesi del 2022 il ricorso alla deroga ha superato le ore della straordinaria, concentrandosi soprattutto ancora una volta nel commercio.

La diminuzione di ore per la straordinaria registrata a Ferrara risulta in controtendenza rispetto a quanto avviene in Italia e in regione, ambiti dove hanno invece ripreso a crescere.

Nei primi quattro mesi del 2022 non si registrano richieste per la CIG diretta alla solidarietà; le quasi 46mila ore si concentrano solo nella tipologia per la riorganizzazione, della quale sono coinvolte imprese industriali della meccanica, non più quelle di commercio, come avvenuto nel corso de 2021.

Dopo la sospensione della moratoria, terminata il 31 gennaio 2021, hanno ricominciato a crescere i protesti sia per numero che per importo. Anche nei primi 4 mesi del 2022 si registra questo trend: un lieve incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente essendo passati i mancati pagamenti denunciati da 357 a 367 per un valore di quasi 250mila euro, aumento in questo caso che in termini relativi vale un +43,8%. Tra le tipologie, spiccano le cambiali che restano il titolo di credito più protestato (99,7% del totale), mentre ormai scompaiono le tratte e gli assegni bancari.

Il valore medio per titolo si aggira intorno ai 665 euro, circa un terzo di quanto si registrava nel 2018, quando era pari a 1.400 euro, ma il trend risulta in crescita rispetto agli anni precedenti.

Risultano in diminuzione invece le sentenze di fallimento, in particolare per quanto riguarda costruzioni, commercio e servizi. Al contempo, tra gennaio e maggio 2022 si registrano 500 scioglimenti e liquidazioni volontarie, 362 in più rispetto allo scorso anno, aumento avvenuto nel mese di marzo e dovuto ad una procedura amministrativa di cancellazione d’ufficio. Il calo non è registrato in ambito regionale, mente a livello nazionale, la contrazione è contenuta.

I settori dove si concentra il maggior numero di scioglimenti restano il commercio, le costruzioni, la manifattura e le immobiliari.

Per quanto riguarda il credito, a marzo 2022 il valore complessivo dei prestiti concessi al confronto con il dato dello stesso periodo dell’anno precedente registra una crescita sempre più rallentata. Il trend non è più positivo per tutti i comparti economici del settore privato. Il valore riferito al comparto delle imprese, che ormai ha eguagliato l’importo relativo alle famiglie consumatrici, rileva solo un lieve incremento, per il secondo trimestre consecutivo meno elevato al confronto con quanto registrato per l’altra componente privata. La fase di rallentamento della crescita dei prestiti interessa le imprese medio grandi (più di 20 addetti), mentre per le imprese piccole e le famiglie produttrici si tratta proprio di una riduzione tendenziale. Prosegue la contrazione dei prestiti alle Amministrazioni pubbliche e alle società finanziarie e assicurative.

Il confronto con l’Emilia-Romagna mostra per Ferrara un andamento sempre migliore per le imprese e meno espansivo per le famiglie consumatrici.

L’aumento dei prestiti tra le imprese non è più generalizzato a tutti i macro settori. Se risulta in rallentamento per il manifatturiero che non rileva più la variazione più elevata (+2,2%, rispetto allo stesso periodo del 2021) nel comparto dei servizi addirittura è in diminuzione (-0,5%). Allo stesso tempo i prestiti alle costruzioni registrano una velocità in lieve accelerazione. L’andamento risulta migliore rispetto a quanto registrato in regione, fatta eccezione per la manifattura, per la quale in Emilia-Romagna si rileva un recupero più evidente.

L’erogazione per investimenti non finanziari per l’acquisto di macchine e attrezzature aggiornati al 4° trimestre 2021 cresce lentamente nella media degli ultimi quattro trimestri, tornando ai livelli del 2018. Meno costante il trend regionale.

 

Credito - Prestiti per settore di attività economica (1) (variazioni % su 12 mesi)

Credito - Prestiti per settore di attività economica

 

Il tasso di deterioramento del credito per le imprese scende di un decimale all’1,4%, riflettendo il trend alla riduzione per tutti settori osservati. In particolare risulta in contrazione il livello per il manifatturiero. Servizi e famiglie consumatrici registrano la diminuzione più contenuta.

A marzo la crescita tendenziale dei depositi rallenta (+4,7% rispetto allo stesso periodo del 2021), rimando leggermente superiore al dato medio dell’Emilia-Romagna (+3,8%). La componente prodotta dalle famiglie (la prevalente) aumenta più lentamente (anche della regione), mentre la crescita relativa del risparmio delle imprese è maggiore, seppur più che dimezzata rispetto al trimestre precedente. Nel primo trimestre 2022 diminuiscono i titoli a custodia, che comprendono fondi comuni d‘investimento ancora in crescita, anche se molto rallentata, e titoli di stato in diminuzione già dalla scorsa estate.

 

 

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